Agricoltura Settembre 2013, anno 41 n. 9
Editoriale
Nuova Pac: il Governo faccia le scelte giuste
La nuova Pac 2014-2020 offre opportunità di crescita, ma saranno determinanti le decisioni che verranno assunte a livello nazionale.
Alcune conseguenze della riforma infatti sono già chiare; altre meno. Sicuramente il valore complessivo dei pagamenti diretti si ridurrà e gli attuali percettori di un aiuto ad ettaro di livello medio-alto subiranno un taglio del 30% al termine dei sette anni. Contemporaneamente dovrebbe aumentare l’importo per coloro che ora percepiscono aiuti bassi o che addirittura non percepiscono nulla; sicuramente per le aziende di montagna, per quelle con colture arboree e per i giovani agricoltori.
Le quote zucchero termineranno nel 2017. Per i nostri produttori di barbabietole e per i due zuccherifici di riferimento, che pure negli ultimi anni hanno migliorato sensibilmente rese e produttività, si prospetta il rischio di un confronto impari con i concorrenti di altri Paesi maggiormente vocati. Il comparto potrà reggere solo se l’Italia lo sosterrà per i prossimi cinque anni, attivando l’aiuto accoppiato previsto dai nuovi regolamenti.
La riforma offre poi nuovi ed importanti strumenti di crescita competitiva e reddituale. Tra questi le risorse destinate a finanziare la riduzione del costo delle assicurazioni e la creazione di fondi mutualistici tra agricoltori con l’obiettivo di tutelarne la redditività media aziendale, la novità del partenariato per diffondere l’innovazione e il trasferimento tecnologico, il superamento dell’inefficace separazione tra gli aiuti per l’agroambiente e quelli per la competitività, la priorità nell’accesso ai finanziamenti a chi si mette insieme per dare vita a reti di impresa, il rafforzamento delle organizzazioni dei produttori e degli organismi interprofessionali. La possibilità, infine, anche per i prosciutti Dop, dopo quella riconosciuta ai formaggi Dop, di regolare i volumi produttivi.
Tutte cose importanti ed attese. Quello che al momento purtroppo non conosciamo sono le decisioni nazionali da cui dipendono sia l’effettiva disponibilità di risorse per fare le cose fin qui dette, sia i reali spazi operativi regionali.
Quale sarà la percentuale di risorse del primo pilastro che l’Italia destinerà ai pagamenti accoppiati e agli altri impieghi facoltativi e che verranno, conseguentemente, sottratte da quelle inizialmente previste per i pagamenti diretti? Quali criteri adotterà il Governo per l’assegnazione alle Regioni dei fondi per lo sviluppo rurale: il valore delle produzioni, la Sau, il numero delle imprese di ogni regione o la semplice riproposizione delle percentuali storiche? Quante risorse proprie renderà disponibili lo Stato per cofinanziare, assieme a Ue e Regioni, i Programmi di sviluppo rurale? Il Governo accoglierà le pretese di distogliere i soldi del Psr dalle loro destinazioni per finanziare ciò che negli ultimi anni lo Stato ha tagliato o ha smesso di finanziare come il Piano irriguo nazionale? E ancora, il Governo resisterà alla tentazione di riportare a Roma la gestione di gran parte dei fondi Psr, limitando alla gestione nazionale solamente l’abbattimento del costo delle assicurazioni e dei fondi mutualistici? Bisogna fare le scelte giuste, vale a dire bisogna concentrare le risorse sugli obiettivi strategici e sull’innovazione, evitare l’assalto alla diligenza, garantire il necessario coordinamento nazionale, premiare le Regioni più efficienti nella spesa per prevenire la restituzione dei fondi a Bruxelles, senza tuttavia sottrarre al livello regionale l’esclusiva competenza costituzionale in materia agricola. Lo ripeto: la nuova Pac offre opportunità di crescita. Il Governo ci aiuti ad utilizzarle al meglio.
Tiberio Rabboni
Assessore all’Agricoltura, economia ittica, attività faunistico-venatoria
Regione Emilia-Romagna
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