Agricoltura giugno 2013, anno 41 n. 6
Editoriale
Diversificazione: opportunità per l’agricoltura svantaggiata
Il programma di sviluppo rurale dell’Emilia-Romagna si propone, tra l’altro, di sostenere la diversificazione dell’economia agricola nelle aree più problematiche della regione. Lo scopo è l’integrazione del reddito dell’agricoltore o, in taluni casi, la conversione dell’impresa verso nuove attività a maggiore valore aggiunto. Le principali attività finanziate sono la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’ospitalità turistica, l’enogastronomia tipica del territorio rurale.
A distanza di cinque anni dal varo dei sostegni previsti dal programma, quali sono i risultati conseguiti? Eccoli: oltre 1.500 interventi finanziati, con una spesa pubblica di circa 97 milioni di euro.
Nel dettaglio, 513 progetti hanno riguardato la realizzazione di impianti per produrre energia da fonti rinnovabili; 327 lo sviluppo degli agriturismi; 150 il recupero di borghi ed edifici rurali da adibire ad attività turistiche e culturali; 437 la realizzazione di servizi essenziali per la fruizione del territorio rurale (acquedottistica e viabilità rurale, banda larga, fonti rinnovabili negli edifici pubblici); 49 la promozione di itinerari enogastronomici (strade dei vini e dei sapori). Insomma, l’opportunità è stata raccolta e la diversificazione dell’impresa è diventata per molti una realtà.
Per molti, ma non per tutti. Questo è, diciamo, il punto dolente. L’agricoltura di montagna e degli altri territori svantaggiati è in crisi profonda. Il censimento generale del 2010 ha accertato un calo del 21% della superficie agricola utilizzata nei territori di montagna e una riduzione del 46% delle imprese coltivatrici rispetto al 2000. Una tendenza disastrosa, che solo una robusta terapia d’urto può arrestare.
È necessaria un’integrazione annuale di risorse pubbliche per ogni ettaro coltivato nelle aree svantaggiate: in altri termini, un riconoscimento della funzione di presidio e di tutela del territorio - che è un bene comune - svolta dall’agricoltore. Poi va sviluppato un mercato dei prodotti di montagna, distinto e diverso da quello dei prodotti agroalimentari indifferenziati, e perciò stesso riconosciuti e remunerati dal consumatore e dal turista per i loro valori di naturalità, tipicità ed unicità. Infine, va garantita l’effettiva possibilità di realizzare un reddito aziendale adeguato attraverso i proventi delle attivita’ agricole, energetiche, turistiche e di cura territoriale.
Molte di queste misure stanno arrivando con la nuova Pac e con i nuovi Programmi di sviluppo rurale in approvazione a Bruxelles: dalla riforma dei pagamenti diretti con l’obiettivo di pagamenti all’ettaro uguali per tutti e pagamenti aggiuntivi per le aree svantaggiate ed eventualmente per i giovani agricoltori, alla possibilità di apporre in etichetta l’indicazione “prodotto di montagna”, all’introduzione di sottoprogrammi di sviluppo rurale per le aree montane, alla filiera corta, ai giovani, alla priorità riconosciuta nei finanziamenti ai progetti di organizzazione dei produttori e di sviluppo della cooperazione lungo la filiera, fino all’interessante novità delle misure ad approccio collettivo in materia di agroambiente, biologico ed innovazione, con possibilità di incrementare del 30% l’aiuto ai soggetti partecipanti.
Cercheremo di cogliere le opportunità in tutte le loro potenzialità, aprendoci senza remore al cambiamento e all’innovazione. Chiediamo a tutti di fare altrettanto. Abbiamo bisogno di imprenditori motivati, progetti innovativi e di un vero gioco di squadra tra istituzioni, territori, rappresentanze agricole e sindacali, sistemi d’impresa.
Tiberio Rabboni
Assessore all’Agricoltura, economia ittica, attività faunistico-venatoria
Regione Emilia-Romagna
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