Luglio-agosto 2017 Anno 45, n. 7-8
Editoriale
Nuovi invasi e risparmio idrico per fronteggiare il rischio siccità
I dati raccolti da Arpae in questi anni ci dicono che, in Emilia-Romagna, il cambiamento climatico è già in atto e comporta rilevanti impatti sul settore agricolo che tenderanno ad accentuarsi nel futuro. Il conclamato aumento delle temperature, con ondate di calore sempre più frequenti e anticipate, provoca un peggioramento del bilancio idrologico nel periodo primaverile-estivo, con un considerevole incremento del fabbisogno idrico delle colture. Se a questo si uniscono la riduzione degli accumuli nevosi in inverno e una tendenza delle precipitazioni a concentrarsi in periodi ristretti e con fenomeni sempre più intensi, il risultato non può che essere un incremento della frequenza e della durata dei periodi siccitosi e dei conseguenti rischi per le colture irrigue. È il caso di quest’anno, dove a un inverno e a una primavera con scarse precipitazioni hanno fatto seguito temperature molto elevate fin da aprile, con una vera e propria ondata di calore in giugno, seconda sola a quella eccezionale del 2003. Questo ha causato un consistente deficit idrico con rilevanti danni in campagna. Per fare fronte a questa situazione, che ha colpito oltre all’agricoltura anche il settore idropotabile, la Regione ha decretato lo stato di emergenza per tutto il territorio regionale e ha chiesto e ottenuto dal Governo lo stato di emergenza nazionale per le province più colpite di Piacenza e Parma, con uno stanziamento di 8,65 milioni di euro. In questo modo sarà possibile attivare misure straordinarie come ad esempio deroghe al Deflusso minimo vitale per il prelievo idrico dai corsi d’acqua appenninici o procedure accelerate per la realizzazione di pozzi.
È ovvio, però, che di fronte a una tendenza climatica che si va accentuando, la risposta non può limitarsi alle sole misure di emergenza. Occorrono interventi strutturali per garantire adeguate riserve idriche e misure per migliorare ulteriormente l’efficienza nell’uso dell’acqua in campo.
Per quanto concerne gli interventi strutturali, in particolare la realizzazione di invasi fino a 250mila metri cubi di capacità e di reti di distribuzione, il Programma di sviluppo rurale prevede due specifiche operazioni: la 4.1.03, rivolta a consorzi costituiti da imprese agricole, con una dotazione di 7.920.000 euro e un contributo in conto capitale del 60%; la 4.3.02, rivolta ai consorzi di bonifica, con una dotazione di 10.080.000 euro e un’intensità dell’aiuto pari al 100%. Entrambe le misure verranno messe a bando in autunno.
Come Regione intendiamo inoltre riprendere in mano e aggiornare gli indirizzi per invasi di maggiori dimensioni contenuti nel Piano di tutela delle acque approvato nel 2005, cercando di ottimizzare il riutilizzo delle cave e il recupero delle acque provenienti dai depuratori. Discorso a parte merita poi il fiume Po: dei 21 miliardi di metri cubi prelevati ogni anno dal fiume, solo 1 miliardo viene utilizzato in Emilia-Romagna. È pertanto evidente che occorre ridefinire i prelievi a livello di bacino affinché siano garantiti i fabbisogni delle importanti infrastrutture irrigue che servono il nostro territorio.
Gli investimenti nelle infrastrutture di accumulo e di distribuzione devono però andare di pari passo con un impegno ancora maggiore nel rendere più efficiente l’uso dell’acqua in agricoltura attraverso l’introduzione di tecniche di irrigazione di precisione e strumenti gestionali innovativi. Nel Psr sono stati per questo stanziati 1,7 milioni (misura 16.1.01) che hanno già consentito di finanziare progetti innovativi come quello sviluppato dal Canale Emiliano Romagnolo e illustrato nelle pagine di questo numero.
Simona Caselli, assessore regionale all’agricoltura, caccia e pesca, Regione Emilia-Romagna
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