Pancotto, pancöt, pacöt
Territorio di produzione
Provincie della Romagna, in particolare Forlì-Cesena.
Descrizione sintetica del prodotto
Pane raffermo, acqua, olio, sale.
Un po’ di storia
Quanti bambini una volta sarebbero morti di fame se le nostre nonne non avessero inventato il pancotto! Un tempo, il “pancot” (pancotto), fatto con il pane uscito dal forno ormai parecchi giorni prima, era una sorta di simbolo della miseria più nera. Nell’immaginario collettivo rappresentava la povertà sotto tutti i punti di vista: quella del portafoglio, e di conseguenza delle dispense rurali, e quella dello spirito.
Come si fa
Non c’è una ricetta specifica per farlo. Si ammolla il pane raffermo nell’acqua, lo si mette in un tegame con una presa di sale e dopo una leggera cottura si aggiunge olio.
Curiosità
Un piatto talmente noto e diffuso, che il dialetto romagnolo in suo onore ha sfornato più di un detto:“supier int e’ pancot” (soffiare nel pancotto), ovvero “fare la spia”; “aver una testa pijna d’pàn cot” (avere una testa piena di pancotto), cioè “non avere giudizio”. Ancora: “va a magnè de pancot” (va a mangiare del pancotto), come dire “va a quel paese”.
Referenze bibliografiche
Quondamatteo, L. Pasquini, M. Caminiti “Mangiari di Romagna”, Grafiche Galeati –
Imola 1975;
Quondamatteo, Grande dizionario (e ricettario) gastronomico romagnolo, Imola,
Grafiche Galeati, 1978;
Giovanni Manzoni, Così si mangiava in Romagna, 1977 Walberti Edizioni;
Liliana Babbi Cappelletti, Civiltà della tavola contadina in Romagna, 1993 Idealibri s.r.l.
Milano;
Vittorio Tonelli, A Tavola con il contadino romagnolo, 1986 Grafiche Galeati.