Antonio Zanelli e lo sviluppo dell'allevamento suino a Reggio Emilia
Primavera del 1889. È certo ancora ben vivo a Reggio Emilia il ricordo di Antonio Zanelli, fondatore e direttore dello Stabilimento sperimentale di zootecnia e della Scuola di zootecnia e caseificio. A cinque anni dalla morte, la città emiliana ha deciso di dedicargli un medaglione bronzeo collocato all'interno di una sala della Scuola stessa. Anche “Italia Agricola”, il quindicinale della Federconsorzi, esce con un numero dedicato a questo agronomo di origine cremasca che, con le sue competenze e la sua passione, tanto ha contribuito al progresso zootecnico italiano.
La redazione della rivista, per il numero in uscita il 30 maggio 1899, chiama a raccolta alcuni collaboratori che, con lo Zanelli, hanno condiviso viaggi ed esperienze, in particolare nel campo del miglioramento del comparto suinicolo.
Dagli uffici romani del Ministero arriva lo scritto di Bartolomeo Moreschi, il quale ricorda gli inizi dell'importazione dei suini inglesi di razza Yorkshire, assegnati nel 1872 all'Istituto di Reggio Emilia. Nel decennio successivo e fino al 1886 questa razza si diffonde con crescente rapidità in molte parti d'Italia. Al mercato settimanale di Reggio arrivano, per l'acquisto di lattonzoli, compratori da tutta l'Emilia, dalla Lombardia, dal Veneto e dalla Toscana. È questo il periodo della sperimentazione, costellata da tentativi, prove, confronti, ed anche risultati negativi, “la scuola più efficace di tutte le pratiche zootecniche”. Il risultato? All'appressarsi del nuovo secolo, Reggio Emilia nulla ha da invidiare ad Ammerland, un circondario della bassa Sassonia dove si alleva, con rigorosità tutta tedesca, questa razza suina inglese.
Dalla tenuta villa San Raimondo di Pittolo, alle porte di Piacenza, arriva invece il ricordo di Emilio Fioruzzi, suo compagno di tanti ed avventurosi viaggi tra Olanda, Inghilterra e Svizzera alla ricerca delle migliori razze bovine e suine. Il Fioruzzi ricorda l'amico Zanelli anche per il buon umore con cui rallegrava i ritrovi serali di questi tour esteri. Tanta fatica sì, ma tra una discussione e l'altra, a mitigare l'asprezza di una trattativa ci scappavano le melodie di Rossini e Verdi.
Il ricordo più esteso arriva da Gaida, in provincia di Reggio Emilia, ed è firmato da Angelo Motti, veterinario e grande esperto zootecnico. Di suini se ne intende. Suo fratello Egidio, a Coviolo, ha tra i più pregevoli allevamenti della provincia. La redazione dell'”Italia Agricola” correda l'articolo del Motti con splendidi disegni che documentano l'evoluzione delle razze, dall'antico maiale emiliano all'arrivo della razza Yorkshire agli incroci continuati e sostitutivi delle due razze.
Fino al terzo quarto dell'Ottocento il maiale emiliano – lo definisce Motti – è un “animale da corsa”.
Camminatore instancabile, dotato di grande vivacità, “ruffolatore” instancabile, passa buona parte della vita all’aperto, cibandosi delle erbe spontanee dei maggesi, delle radici e in autunno delle ghiande che cadono dalle numerose querce poste lungo le strade. Ma ecco che, all'imbrunire, al tintinnio del secchio della massaia sulla porta di casa, il maiale inizia una corsa sfrenata per godersi una “scarsa broda consistente nell’acqua di lavatura dei piatti e negli avanzi della magra cucina”. Poi le cose iniziano gradualmente a cambiare. La scomparsa del maggese, l'atterramento delle querce, l'intensificazione delle culture, il progressivo sviluppo della industria casearia con cascami sono condizioni che contribuiscono a modificare quello che è da sempre un punto fermo e nodale dell'economia contadina di queste terre. Arriva Antonio Zanelli che, agli inizi degli anni Settanta, ottiene dal governo italiano l'importazione del primo gruppo Yorkshire. A Reggio giungono il verro Padus e le scrofe Formosa e Lavinia, “primo segnale di una rivoluzione nella popolazione suina di Reggio Emilia”. Nel giro di qualche anno la Stazione di monta dell’Istituto zootecnico di Reggio diviene il punto nevralgico di questo sviluppo che interessa gran parte dell'Italia, attraverso un processo di incroci che porta ad importanti modifiche del profilo della popolazione suina.
Zanelli, si diceva, è il primo protagonista, ma è tutto l'ambiente agrario reggiano a favorire questo straordinario successo perché – lo assicura Motti - “un complesso di condizioni favorevoli all’allevamento di tutte le specie animali, dal colombo al bovino, fa di ogni contadino reggiano un zootecnico nato”. Ci sono i vitelli reggiani richiestissimi sulle piazze di Cremona e Piacenza, ma non da meno sono i lattoni e i magroni degli allevamenti suinicoli che prendono la via delle aziende e dei mercati del Piemonte e della Lombardia.
Intelligenti nella scelta dei riproduttori, diligenti nel governo e nell'alimentazione, gli allevatori reggiani non mancano di proporre agli animali un menu di tutto rispetto: “farina di granoturco, risina, ciccioli di cavallo, siero, ricotta, latte bollito, ceci crudi e cotti, in un crescendo raffinato e in una successione ragionata”. Non manca, in questi agricoltori, l'abilità nel far di conto e una certa resistenza fisica: “montati su un leggero due ruote di forma speciale, durante la settimana, percorrono la provincia, facendo i loro acquisti che riuniscono, governano e classificano la notte avanti il mercato”.
Eccoci allora al mercato dei suini di Reggio, reso dalla splendida fotografia sviluppata su due pagine interne della rivista: mercato che è luogo di scambi, di merci, di conoscenze, di informazioni tra allevatori, agricoltori, tecnici, negozianti ed incettatori. La novità non spaventa, anzi. Perché quando arriva un nuovo soggetto “un ampio circolo gli si forma ben tosto d’intorno, la discussione si fa delle più animate, le idee e le impressioni s’incrociano con la maggiore libertà, s'assiste ad una vera lezione di zootecnia pratica”.
Peraltro al mercato dei suini, il Comune di Reggio ha dedicato una vasta area, tagliata da bei filari di ippocastani, accanto al nuovo Foro Boario, nei pressi della stazione Ferroviaria.
Anche questo fa scuola in Italia. L'accentramento dei mercati bovini e suini, nelle immediate vicinanze della stazione, è uno dei meglio studiati su scala nazionale, presentando un grande vantaggio non solo per i proprietari degli animali e gli acquirenti, ma anche per quel servizio sanitario che va acquisendo una importanza sempre maggiore.
di Daniela Morsia - Referente Biblioteca comunale Passerini-Landi di Piacenza
Fonti: Giornale di agricoltura della Domenica, L'Italia Agricola (o Italia Agricola)
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