Il Laboratorio cestai di Fiorenzuola d'Arda
Artigiani e produttori di cesti a cui non mancano creatività, determinazione e coraggio
Il 1914 è un anno di grandi soddisfazioni per il Laboratorio cestai di Fiorenzuola d'Arda, nel Piacentino. La creatività e la determinazione, ma anche il coraggio, non mancano a questi artigiani, produttori di cesti ed imballaggi per uva da tavola, ortaggi e frutta. A fine aprile sono andati a Roma, ospiti della seconda edizione della Mostra delle novità agrarie, promossa dalla Società degli agricoltori italiani. Negli stand allestiti presso il Podere Saccardo in via Tuscolana, i robusti e raffinati cesti usciti dal Laboratorio di Fiorenzuola hanno fatto bella figura nell'area dedicata ai nuovi imballaggi.
I loro prodotti non devono essere passati inosservati. Dopo qualche mese infatti sono proprio loro a conquistare la copertina della rivista “L'Italia agricola” dedicata alle piccole industrie e in particolare ai cesti per l'imballaggio dell'uva. Un fiero operaio del Laboratorio fissa l'obiettivo, dando, con il coltello, un ultimo colpo di rifinitura al grande cesto.
É sicuramente orgoglioso del lavoro fatto: il redattore dell'articolo assicura che in una sola ora di lavoro è riuscito a portare a termine il confezionamento. L'autore del reportage, che passa l'intera giornata nel Laboratorio, è Giacinto Anguissola, tecnico della Cattedra ambulante di agricoltura di Piacenza. Anguissola lavora nell'ufficio di Fiorenzuola e conosce da tempo la maestria dei cestai di questo piccola cittadina, ove la fabbricazione degli imballaggi dà lavoro ad un centinaio di operai, la maggior parte dei quali lavora a casa per conto proprio.
Ma c'è anche ci ha creduto nel lavoro cooperativo. Nel 1910 dodici operai hanno fondato questa società. Il direttore mastica anche un po' di contabilità ed amministrazione ed è lui ad occuparsi della stipula dei contratti per la compera della materia prima e per la vendita dei cesti. Gli affari non vanno male, anzi. La richiesta è tanta. Dal Laboratorio escono ogni anno dai 20 a 30 mila cesti per imballare pomodori, uva e frutta. I cesti raggiungono i produttori, oltrechè del Piacentino, delle zone di Parma, Bologna e Savona.
Appena arrivato, Anguissola scatta una foto ad alcuni operai che lo stanno aspettando nel grande stanzone. Ovunque vi è materiale materiale ammucchiato e gli operai sono pronti per mostrare all'ospite le varie fasi di lavoro. Appoggiati per terra o alla parete, ecco in bella mostra i legni di castagno e vimini di salice e robinia. Il calendario di lavoro della società segue una stagionalità ben definita. Il legno di castagno si va a comprare verde in inverno nelle zone dell'Appennino e qualche volta ci si spinge più in là, nella vallate del Lago Maggiore. Il salice e la robinia, provenienti dai boschi lungo il Po, si acquistano già essicati nei mesi di maggio e giugno. A partire da maggio inizia anche la lavorazione vera e propria. E si lavora a ritmo serrato. Ogni operaio può creare anche dodici cesti al giorno. Il risultato è di tutto rispetto e i prodotti, oltre ad essere funzionali, il più delle volte sono vere e proprie opere di fine artigianato.
La fabbricazione di cesti conquista anche la parte centrale della prima pagina del 13 dicembre del 1914 del “Giornale di agricoltura della domenica”, in un riquadro ove si parla dell'esportazione italiana di uve da tavola verso la Svizzera e la Germania. Ma è da tempo che le riviste della Federconsorzi cercano di porre l'attenzione su questa importante piccola industria agraria.
Già nel 1902 il “Giornale di agricoltura della domenica” aveva dato conto dell'importanza della industria degli imballaggi.
Ernesto Marenghi, assistente della Cattedra Ambulante di agricoltura di Piacenza scrive: «Perché l’uva arrivi sulle piazze di consumo in perfetto stato di conservazione occorre non solo che venga spedita sana, ma che sia imballata con assai cura. È inutile sperare di ritrarre prezzi vantaggiosi se non si è sicuri di poterla presentare sui mercati ben conservata ed elegantemente confezionata perché l’occhio vuole – e giustamente – la sua parte. Occorre quindi che l’imballaggio venga curato in modo speciale».
L'esteso articolo è corredato iconograficamente dalla riproduzione di una cassetta e di un paniere per l'uva da tavola, creati ed utilizzati nel Piacentino.
Facciamo un salto nel tempo ed arriviamo al 1927. Ci spostiamo in Romagna, a Massalombarda.
Nel numero monografico de “L'Italia agricola” del dicembre 1927 dedicato alla Romagna rurale, Gaetano Bonvicini, figlio di Adolfo, il pioniere della frutticoltura italiana, scrive un articolo dedicato al commercio della frutta e in particolare agli imballaggi. Si guarda a quanto si sta facendo all'estero, in particolare al Sud Africa, in grado di rifornire, nonostante la distanza, il mercato inglese, con imballaggi accuratissimi sottoposti al controllo dello Stato. E si raccomanda di tenere sempre conto delle esigenze dei paesi importatori. I tempi e i mercati sono cambiati, anche per gli imballaggi. Ma l'operosità e la maestria degli operai emiliani rimane.
Per approfondire scopri le realtà sul territorio che forniscono questo servizio
di Daniela Morsia - Referente Biblioteca comunale Passerini-Landi di Piacenza
Fonti: Giornale di agricoltura della Domenica, L'Italia Agricola (o Italia Agricola)
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