La mostra avicola di Piacenza del 1903
Gli “ospiti” più attesi sono loro: i cigni di villa Sant’Agata acquistati dal maestro Giuseppe Verdi per il giardino della propria residenza. Sono passati due anni dalla scomparsa del celeberrimo musicista e il Comitato delle Esposizioni di Piacenza del 1903 ha chiesto alla nipote, Maria Carrara Verdi, il permesso per questa singolare “trasferta” che comprende anche un gruppo di fagiani dorati e di galline della Cocincina. Dal verde raffinato di Villa Sant’Agata ai Giardini Margherita: anche la sede dell”Esposizione piacentina è di tutto rispetto. Questa area verde, posizionata di fronte alla Stazione ferroviara, venne progettata e realizzata negli anni Settanta dell’Ottocento dai fratelli Roda, giardinieri di Casa Savoia. Sono proprio i Giardini Margherita ad ospitare, nell’agosto del 1903, un’importante mostra avicola, presentata come una delle prime e più importanti del genere in Italia. Da alcuni anni la redazione della Federconsorzi sta seguendo – ed incoraggiando – lo sviluppo dell’avicoltura italiana. Ecco quindi che “Il Giornale di agricoltura della domenica” dà un ampio resoconto della mostra, corredato da foto e disegni. Di particolare interesse sono proprio i disegni che portano la firma dell’illustratore fiorentino Adolfo Bongini.
Il reportage, uscito sul numero del 9 agosto, è firmato da Giuseppe Cecchetti. Armato di notes e macchina fotografica, Giuseppe si aggira di buon’ora tra i pennuti abitatori di pollai, torri, giardini e parchi che popolano l’ampia esposizione, in un trionfo di piume iridescenti, canti e cinguettii. L’avicoltura sta progressivamente diventando un settore molto importante dell’economia nazionale. Sono oltre 150 gli espositori, tra stabilimenti di pollicoltura e allevamenti privati, che hanno portato a Piacenza polli e anitre di ogni specie. Numerosi sono anche gli espositori emiliani: tra questi spiccano gli esemplari provenienti da Reggio Emilia, in particolare quelli dello stabilimento Uccelli e quello dei fratelli Alberto ed Alfredo Maramotti.
Sulle sponde di un laghetto creato ad hoc ci si imbatte in anitre ed oche, mentre le gabbie dei polli sono riunite in un primo grande gruppo, in un angolo del giardino, ed altre se ne trovano sparse, lungo i vialetti e i piccoli piazzali. Ben rappresentate sono le coppie di razze estere: le superbe Malines, le Cocincine, le Langshan e le Houdan danno spettacolo della loro bellezza ed imponenza. Belli sì, ma l’attrattiva maggiore, rimarca Cecchetti, è data dai numerosi e ben sortiti gruppi delle razze italiane da prodotto. Ecco allora la feconda Polverara accanto alla colossale Padovana gigante e alla elegante Livornese. Ma non da meno è la razza indigena comune che popola le cascine del territorio emiliano, apprezzata anche dagli allevatori esteri per la sua grande rusticità e fecondità: “sono snelle ed agili galline bellissime nel loro portamento eretto con la ricca e rosea cresta ripiegata sull’occhio, con le zampe nude e terse, il gallo pettoruto e superbo, l’ampia ed alta cresta color carminio, merlata come una gran corona di re, i barbigli pendenti a mo’ di collare artisticamente decorativi, la grande coda arcuata piena di iridiscenze e di riflessi dorati ed azzurri; splendida e superba coda, destinata a trasformarsi in un capriccioso e svolazzante pennacchio da bersagliere. Questa dei polli di varietà locale è, secondo noi, una molto interessante ed importante esposizione, di cui Piacenza ha dato il primo esempio”. Ma non ci sono solo polli, colombi, anitre e conigli: molto visitato è anche il padiglione degli attrezzi dove “l’intelligenza degli amatori si è sbizzarrita nell’escogitare la forma di pollaio più razionale, il posatoio più comodo, l’abbeveratoio più igienico”.
L’esposizione di Piacenza del 1903 dà conto di un’attività, quella avicola, che sta acquisendo sempre più importanza, anche a livello di esportazione. Il pollame è richiesto dai mercati di Germania, Svizzera e Francia, mentre le uova finiscono in grandi quantità in Svizzera, Germania e Gran Bretagna. Anche la redazione della Federconsorzi inizia a seguire diffusamente questo commercio. Sull’”Almanacco della Italia Agricola 1902” si parla proprio della produzione e del commercio italiano delle uova, iniziato alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento verso la Germania, indirizzatosi successivamente, e in misura rilevante, verso il Belgio e la Gran Bretagna, nazione che, agli inizi del Novecento, conta ben 4mila stabilimenti per la confezione di gelati.
La produzione – con una particolare attenzione anche allo sviluppo della tecnologia ma anche il commercio iniziano ed essere oggetto di attenzione. Si guarda in particolare all’esempio della Danimarca, ove stanno prendendo piedi, proprio agli inizi del Novecento, cooperative dedite al commercio delle uova fresche.
Il tema dell’avicoltura inizierà, dal primo Novecento, ad entrare a pieno titolo tra gli argomenti trattati dalla redazione dei giornali della Federconsorzi. Si darà inizio, sul “Giornale di agricoltura della domenica” ad una rubrica intitolata “Bassa corte”.
Una foto del mercato di pollame conquisterà la prima pagina del “Giornale di agricoltura della domenica”, mentre un bambino con un gruppo di tacchini fotografato nell’Appennino piacentino sarà il protagonista di una copertina della “Italia Agricola” del 1918.
di Daniela Morsia - Referente Biblioteca comunale Passerini-Landi di Piacenza
Fonti: Giornale di agricoltura della Domenica, L'Italia Agricola (o Italia Agricola)
- Tutti i contenuti del sito sono soggetti a copyright e alle altre forme di tutela della proprietà intellettuale. Sarà quindi assolutamente vietato copiare, appropriarsi, ridistribuire, riprodurre qualsiasi frase, contenuto o immagine presente su questo sito, senza l’esplicito consenso dell’autore. Ogni utilizzo operato senza autorizzazione o al di fuori dei limiti concordati è illegittimo e perseguibile a norma di legge.