Il pomodoro: un prodotto da copertina
Il prelibato ortaggio protagonista nell'editoria del settore ortofrutticolo, nei manuali agrari e nei cataloghi commerciali, sin dai primi anni del XX secolo
Nel 1912 Ferruccio Zago, direttore della Cattedra Ambulante di Piacenza, consegna alla redazione de "L’Italia Agricola" due articoli dedicati alla coltivazione del pomodoro in Italia.
I contributi, in uscita sui numeri di marzo ed ottobre, sono accompagnati da due splendide tavole a colori realizzate dall’artista piacentino Nazzareno Sidoli che riproducono - a grandezza tre quinti del naturale - otto diffuse varietà di pomodoro: rosso primaticcio, rosso grosso, precocissimo, Perfezione, Re Umberto, a fusto rigido di Laye, Nizzardo o Genovese e Ingegnoli.
Il pomodoro sta conquistando sì le cucine italiane ed estere, ma inizia a farsi largo anche all'interno dei manuali agrari e dei cataloghi commerciali. Le illustrazioni divengono via via più precise, come quelle che corredano le raffinate pubblicazioni dello stabilimento fratelli Ingegnoli di Milano, grande fornitore di molte aziende agrarie dell’Emilia-Romagna.
Nel 1929 è una cascata di pomodori a introdurre il numero speciale di giugno de "L’Italia Agricola" dedicato all’orticoltura.
La firma della copertina è quella del noto artista, di origine pugliese ma attivo a Napoli, Francesco Galante (Margherita di Savoia 1884 - Napoli 1972). Galante, formatosi all’istituto di Belle Arti di Napoli, è pure insegnante ed illustratore. È probabilmente negli ambienti accademici partenopei che matura la collaborazione con le riviste della Federconsorzi. Nel 1929 alla Scuola superiore di Portici insegna orticoltura proprio Ferruccio Zago, che nel 1919 aveva lasciato la Cattedra ambulante di Piacenza per trasferirsi prima a Roma e poi a Napoli. Porta invece la firma di Luigi Martinati (Firenze, 1893 – Roma 1983) la copertina del volume di Remigio Baldoni, Il pomodoro industriale e da tavola, edito a Roma nel 1940 dal Ramo editoriale degli agricoltori.
Nella copertina illustrata, un elegante coltello è posato su un piatto, ove fanno bella mostra pomodori sia interi che tagliati. pronti per essere gustati. La mano è quella di Martinati, grande interprete dell’illustrazione pubblicitaria, autore di manifesti di vario soggetto, dai cartelloni di pubblicità commerciali alle insegne turistiche, dalle locandine di propaganda politica alle grandi manifestazioni celebrative.
Le varietà
I contributi di Zago apparsi su "L’Italia Agricola" del 1912 pongono una grande attenzione sulla scelta delle varietà di pomodoro adatte alle nuove esigenze. Da una parte c'è l'industriale che vuole prodotti ad elevato rendimento, e quindi poco acquosi e a polpa consistente; dall'altra c'è l'agricoltore che desidera produzioni cospicue. Ma – assicura Zago - esistono varietà di pomodoro che possiedono attitudini produttive elevate e nello stesso tempo si prestano benissimo agli usi dell’industria: «Tali varietà bisognerebbe diffondere e a ciò mirano le esperienze che le Cattedre Ambulanti e le altre istituzioni vanno facendo e quelle che compiono gli stessi coltivatori. Nella zona emiliana è oramai convinzione generale di dare alla scelta delle varietà da coltivare la massima importanza dipendendo in gran parte da essa la riuscita della coltivazione».
Sono quelli gli anni in cui si compiono intense sperimentazioni, sia sulle coltivazioni che sulla lavorazione industriale. Le Cattedre Ambulanti, in particolare quelle di Parma, Piacenza, Bologna e Cesena, organizzano visite e consulti direttamente sul campo e mettono a punto lezioni e conferenze in molti centri rurali. Le specificità climatiche e pedologiche, la possibilità di irrigare e di arare profondamente il terreno e la capacità intrinseca al pomodoro di accrescere la produttività del terreno a beneficio delle colture successive all’interno delle rotazioni agricole: tutti questi fattori fanno sì che la coltivazione del pomodoro si diffonda rapidamente in tutta l'area regionale. Ortaggio di grande coltura e pianta industriale, il pomodoro diviene sempre più protagonista delle campagne, contestualmente all'affermarsi dell’industria conserviera. Nel primo decennio del Novecento l’industria delle conserve è infatti segnata da un considerevole sviluppo, anche a seguito di una bene avviata e crescente esportazione, in particolare verso Stati Uniti, Argentina e Inghilterra.
Nel quadro dell’economia agraria regionale, il pomodoro inizia quindi a configurarsi come un’eccellenza, anche per la quantità di manodopera che trova impiego nella coltivazione, per le industrie che alimenta e per il movimento commerciale a cui dà origine. Nei numeri speciali dedicati all'agricoltura emiliana e romagnola del "L’Italia Agricola" del 1927 e nel numero speciale dedicato all'orticoltura del 1929 si evidenzia questo importante contributo. Come scrive Carlo Bianchi del Consorzio agrario di Parma: "la coltivazione del pomodoro ha recato notevoli vantaggi a questa regione: ha dato vita ad un’industria che porta non trascurabile contributo all’economia nazionale; ha introdotto nella rotazione agraria una coltivazione in più che, in varie contingenze, ha costituito e può costituire una nuova risorsa per l’economia delle singole aziende; ha richiamato nei campi una maggiore quantità di manodopera specializzata avventizia; ha insegnato un maggiore e più razionale impiego di concimi, una migliore lavorazione e preparazione del terreno. Elementi tutti che, mentre giovano alla coltivazione del pomodoro, permettono di aumentare i redditi della terra. Le varietà di pomodoro che si coltivano nell’Emilia sono il risultato di innumerevoli ibridazioni avvenute col succedersi delle coltivazioni. Più comunemente si coltiva (Parma e Piacenza) il pomodoro rosso, grosso, irregolarmente costoluto, a grappoli, di sviluppo e precocità medi, riferibile all’antico Nizzardo; in scala assai più ridotta (Modena, Bologna, Ferrara) il pomodoro a frutto piuttosto piccolo, di forma oblunga, a pera o a fiaschetta, liscio, a grappoli numerosi, tardivo, del tipo Re Umberto o San Marzano. In questi ultimi anni sono stati introdotte anche le varietà Perdrigeon e Pierrette".
Dalla relazione che riguarda la Romagna emergono invece i dati: si parla di una coltivazione che interessa 250 ettari nella provincia di Ravenna, 280 nel Cesenate, 350 nel Riminese. La produzione media si aggira sui 200 quintali per ettaro nel Riminese ove il pomodoro viene coltivato a terra senza il sostegno e sale a 250 e più nel Cesenate e nel Ravennate dove le coltivazioni del pomodoro vengono incannate e i terreni sono più sciolti e freschi. La varietà maggiormente diffusa è quella del grosso rosso comune, ma si coltivano anche il Perdrigeon, il Re Umberto e il Fiaschetto. Vi è una grande richiesta che proviene dall’estero in particolare da Germania e Inghilterra. Nel 1926 16.500 quintali di pomodoro sono partiti dalla provincia di Ravenna in particolare da Lugo e 42mila da Forlì, Cesena, Savignano e S. Arcangelo.
Galleria fotografica
I contributi apparsi su "L’Italia Agricola" del 1927 e 1929 (a cui aggiungiamo un contributo apparso sull'Almanacco del 1915) sono corredati da foto che restituiscono un’importante documentazione sulle attività legate a questa coltivazione che, dal Novecento in poi, segna il paesaggio agrario e la stagionalità contadina.
È un attento agricoltore del Piacentino, Franco Vegezzi, a sorvegliare la crescita delle piantine della varietà Comet che vengono messe a dimora nella sua azienda di Partitore.
Una donna e un uomo mostrano come si semina il pomodoro in pieno campo.
I sostegni con canne sono in primo piano in una foto scattata nella campagna cesenate, mentre un altro scatto mostra un campo della campagna emiliana destinato alla coltivazione industriale da pomodoro.
Quando inizia il periodo della raccolta i lavoranti si “mettono in posa” in alcuni campi del Parmense e del Riminese.
Poi si arriva al momento del confezionamento: laboriose lavoratrici dei magazzini di Ferdinando Zerioli di Castel San Giovanni (Piacenza) impaccano pomodori olandesi destinati all'esportazione.
Il pomodoro emiliano romagnolo conquista progressivamente i mercati esteri ed anche un adeguato imballaggio diventa di fondamentale importanza.
di Daniela Morsia - Referente Biblioteca comunale Passerini-Landi di Piacenza
Fonti: Giornale di agricoltura della Domenica, L'Italia Agricola (o Italia Agricola)
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