Scatti dall'Appennino emiliano
Il progresso della montagna negli articoli e nelle fotografie di Giovanni Pallastrelli
“Cappello piccolo, rotondo, di color verde o caffè scuro, giacca di fustagno, camicia bianca nascosta d’inverno da un grosso farsetto a maglia, calzoni corti, uose che arrivano al ginocchio, scarpe grosse basse e ben ferrate”. Giovanni conosce bene quest’abbigliamento dei contadini di montagna. Così come ben conosce il loro carattere. Diffidenti sì, ma anche astuti, forti ed attaccati alle loro abitudini. Non sarà facile metterli in posa per scattare fotografie, ma Giovanni vuole realizzare un reportage dedicato all’Appennino emiliano e sa che queste immagini costituiscono una parte importante delle nuove frontiere della comunicazione. È da un po’ che ci pensa: raccontare, con testi e foto, la “sua” montagna, quell’estesa area che, da oltre sei anni, gira in lungo e in largo, tra pendii e mulattiere. L’articolo lo ha suggerito lui. La redazione del “Giornale di agricoltura della domenica” ha ben accolto la sua proposta, dandogli carta bianca.
Siamo agli inizi del 1912 e certo non è usuale che, in quelle zone, qualcuno si aggiri con una macchina fotografica, per raccontare, anche con le immagini, come si vive, quali sono i problemi e le prospettive di cambiamento. Ma, tutto sommato, Giovanni oramai lo conoscono tutti, ha aiutato tanti e una foto in posa può pure scapparci.
Qui col mulo, là col bastone, qui con i buoi, là con i manzetti: sguardo fiero ed immancabile cappello, gli abitanti di queste zone non si negano allo scatto del reporter.
Giovanni, classe 1881, porta un cognome importante, Pallastrelli. Appartiene ad una nobile famiglia piacentina, proprietaria di estese possessioni. Ha sempre avuto la passione per l’agricoltura: si è diplomato alla Scuola superiore di viticoltura ed enologia di Conegliano e sta studiando scienze agrarie all’Università di Bologna.
Dal 1906 è reggente della sezione montana della Cattedra ambulante di agricoltura di Piacenza. Ed è proprio con questa carica che firma l’articolo dal titolo Un lembo di Appennino emiliano, uscito nel numero del 4 febbraio del 1912 del “Giornale di agricoltura della domenica”. Considerato fra i più attivi propagandisti della Cattedra di Piacenza, a Pallastrelli è affidata l’estesa area che comprende le valli del Trebbia, del Nure, del Tidone, dell’Arda e del Ceno. Sentieri, mulattiere, paesi e borghi: non c’è luogo che non conosca. Nello spiazzo di una chiesetta o nell’angusta sala di un municipio incontra parroci, sindaci, segretari comunali, maestri, farmacisti, contadini, mediatori, commercianti, per parlare di rotazioni, concimazioni, allevamenti, piccole cooperative e casse rurali. Di tutto questo scrive nell’articolo che restituisce un importante affresco delle condizioni di vita e di lavoro di un territorio, segnato in primo luogo dal fenomeno della emigrazione, iniziata negli ultimi decenni dell’Ottocento. Centinaia di giovani e meno giovani hanno preso la via verso la Francia, l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Argentina. Che cosa fanno? “Qualunque mestiere: a Londra diventano fabbricanti e venditori di gelati; in Prussia suonatori ambulanti, a Parigi lavoranti nelle officine del gas, manovali e muratori, negli Stati Uniti giornalieri, qualcuno anche diventa cocchiere e cameriere, nell’Argentina essi fanno un po’ di tutto pur di lavorare”. C’è poi il problema, grave ed esteso, dell’usura e quello di una viabilità deficitaria ove il trasporto coi muli la fa ancora da padrone sulle strade carrozzabili.
Eppure, lo afferma Pallastrelli, qualcosa si sta muovendo anche in montagna dove la coltivazione del frumento e l’allevamento del bestiame iniziano a registrare i primi progressi. L’eccellenza è costituita dalla razza bovina, detta bardigiana o pontremolese, “che fornisce buoi di piccola taglia, forti, sobri, ad andatura celere e molti ricercati”.
Negli anni Dieci, l’attenzione verso la questione dello sviluppo della montagna si fa, tra gli uomini delle Cattedre Ambulanti e della Federconsorzi, ma anche da parte dei politici e di molteplici istituzioni, sempre più evidente. Nel maggio del 1913 a Piacenza, in occasione dei festeggiamenti per il cinquantesimo di fondazione del Comizio agrario, viene organizzato un importante convegno dedicato ai problemi dell’economia montana, di cui dà resoconto il “Giornale di agricoltura della domenica” nel numero dell’11 maggio 1913.
Un anno dopo la rivista della Federconsorzi fa uscire, il 19 aprile del 1914, un numero speciale del giornale dedicato al progresso della montagna. In prima pagina, compare “un autentico rappresentante dei vecchi agricoltori dell’Appennino”.
Tra gli articoli del numero speciale ve n’è uno dal titolo Progresso agrario dell’Appennino emiliano. La firma è sempre quella di Giovanni Pallastrelli, ma la dicitura ci dice della carica di “deputato al Parlamento”, prima tappa di una lunga carriera politica che lo porterà ad essere eletto più volte deputato, a rivestire cariche importanti presso il Ministero per l’Agricoltura (nel secondo dopoguerra sarà anche membro della Consulta e della Costituente, nonché senatore). Rispetto a quello del 1912, nell’articolo del 1914 Pallastrelli privilegia le foto dei paesaggi e dei campi per documentare gli effetti del grande lavoro svolto in quegli anni.
Dietro ad un paesaggio agrario modificato c’è un lungo lavoro di propaganda e di diffusione del nuovo, che, tra gli uomini della Cattedra, è passato e passa anche attraverso una solida conoscenza delle vecchie pratiche e l’utilizzo di un linguaggio semplice e immediato. Ecco allora che si parla di rotazioni più razionali, dell’uso dei concimi chimici, di una maggiore accuratezza nell’esecuzione dei lavori e nella sistemazione dei terreni, dell’introduzione dei prati artificiali di leguminose e di particolari varietà di frumento più adatte al terreno (in particolare il gentile rosso), ma anche di nuove esperienze associative, nei più diversi ambiti, dall’acquisto di sementi alla vendita di diversi prodotti al piccolo credito per contrastare l’usura. Tutto questo, afferma Pallastrelli, ha fatto sì che la montagna emiliana, nonostante il protrarsi di secolari problemi, abbia registrato, soprattutto grazie all’azione della Cattedra Ambulante, grandi progressi. Boschi e campi in primo piano, ma anche stavolta Pallastrelli non dimentica le persone. E l'ultimo scatto è dedicato alle nuove generazioni.
di Daniela Morsia - Referente Biblioteca comunale Passerini-Landi di Piacenza
Fonti: Giornale di agricoltura della Domenica, L'Italia Agricola (o Italia Agricola)
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