Uno sguardo sull'arte, la cultura e il gusto
Il rapporto con l'agricoltura e il cibo del territorio emiliano-romagnolo raccontato da alcuni dei personaggi più noti della regione
La letteratura italiana gronda di intingoli, è pervasa da mille profumi di sughi, soprattutto quando scritta o ambientata in Emilia-Romagna. E come non potrebbe, poiché racconta un popolo affamato però anche gran macellatore di carni e ottimo produttore di vino, grano, riso, olio.
Vi proponiamo una carrellata di volti celebri, nati o vissuti in Emilia-Romagna, senza l'intento di essere esaustivi ma per rappresentare la cultura rurale e l'enogastronomia in una chiave diversa.
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Prendiamo Riccardo Bacchelli, che nel suo capolavoro “Il mulino del Po”, descrive magistralmente un festino tanto opulento e gradevole per i cibi serviti quanto laido e ripugnante per i suoi commensali. E' incontestabile il trionfo delle "salame da sugo" fumanti e gravide d'umore (piatto irrinunciabile per la tavola dei ferraresi).
Per gli scrittori il cibo sembrerebbe non solo un punto di partenza, ma anche quello di arrivo. Molti di essi si sono vantati di essere anche grandi cuochi e questo ha portato a risultati interessanti, lasciandoci in eredità loro stessi dei libri di cucina. Come Pellegrino Artusi, scrittore, e gastronomo, che nel 1891 scrisse La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, una raccolta di ricette casalinghe che contribuì a creare uno stile gastronomico italiano, proprio negli anni in cui si gettavano le basi di un’identità nazionale. Basterebbe l' incipit dell'introduzione (Due sono le funzioni principali della vita, la nutrizione e la propagazione della specie) per sottrarre Artusi alla lista dei semplici cuochi e restituirlo alla schiera dei letterati di genere.
Un’altra funzione fondamentale del cibo è quella della distrazione. Molti artisti e scrittori dopo intere giornate trascorse nell’inseguire e plasmare un’idea, trovano in esso un rifugio rassicurante, una fuga dal proprio delirio. Federico Fellini inserisce questa “distrazione” nei suoi film e usa spesso il cibo per caratterizzare meglio i suoi personaggi: da un lato l’elemento nostalgico verso la sua giovinezza romagnola, dall’altro un elemento erotico.
Il cibo è strettamente intrecciato alle forme di comunicazione artistica come quella lirica. Il poeta Tonino Guerra parla del suo rapporto col cibo anche quando il cibo non c'era, come nel campo di concentramento in cui è stato internato durante la seconda Guerra mondiale, e il suo racconto trasforma la triste realtà di allora nella magia della poesia. Oppure un altro poeta, Giovanni Pascoli, che mette in versi vere e proprie ricette, come nel caso della poesia “La piada”, ‘Il desinare’, dedicata alla polenta oppure “Il risotto romagnolesco” che gli preparava la sorella Mariù. Ma sono tanti gli esempi di uomini di arte e di lettere affascinati dal cibo, che hanno trovato in Emilia-Romagna una patria d'eccellenza per ristorare mente e spirito. Ve ne proponiamo una carrellata, che non vuole essere esaustiva, ma solo offrire alcuni stimoli di riflessione: da Giuseppe Verdi che nella sua dimora di Sant'Agata e dalle attività legate all'agricoltura trovava ispirazione per comporre le sue opere, alle ricette kasher del Giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani, fino al “Trionfo del porco” di Giulio Cesare Croce. Alcuni di loro, della loro passione per la tavola ne hanno fatto anche una professione, come Giovanni Guareschi che aprì un ristorante di successo a Roncole Verdi nel 1964, passato poi nelle mani dei figli Alberto e Carlotta.
Testi di Roberta Sangiorgi