La cura dei boschi contro il dissesto idrogeologico e l'erosione dei suoli

Peggior nemico l'abbandono. L'allarme lanciato dall'Accademia nazionale di agricoltura e dal Comando Carabinieri forestali ad un convegno a Bologna nel centenario della Legge forestale Serpieri

Dissesto idrogeologico e mancanza di un’adeguata pianificazione territoriale sono alcuni dei problemi più contingenti e gravi del nostro Paese, come hanno dimostrato negli ultimi mesi i fenomeni distruttivi alluvionali che hanno interessato il territorio dell’Emilia-Romagna e della Toscana. E se la presenza dei boschi, oggi tornati a ricoprire prepotentemente i nostri versanti, potrebbe contribuire a regolare il deflusso delle acque, ciò non avviene perché si tratta per la maggior parte di boschi in stato di abbandono e quindi non efficaci in tal senso.

Sono questi alcuni dei temi chiave che sono emersi al convegno organizzato la scorsa settimana a Bologna dall’Accademia Nazionale di Agricoltura in collaborazione con il Comando Carabinieri Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari in occasione dei festeggiamenti per il centenario della legge Serpieri.

E proprio contro gli effetti del cambiamento climatico e il dissesto idrogeologico, a tutela dell’ambiente e del territorio il presidente dell’Accademia nazionale di Agricoltura Giorgio Cantelli Forti ha proposto “un testo unico che sia al di sopra di tutto. Tutti gli interlocutori e gli addetti ai lavori devono sedersi intorno a un tavolo per contribuire ad avere una nuova riforma del territorio e dell’ambiente. Il dissesto idrogeologico è anche una conseguenza di comportamenti errati dell’uomo quindi ripristinare i luoghi è sicuramente importante, ma dobbiamo lavorare prima sulla prevenzione, accettandone anche i sacrifici”.

I dati presentati durante il Convegno sono allarmanti e forniscono un quadro desolante dell’attuale situazione idrogeologica nazionale: ben 7.423 comuni italiani (93,9% del totale) sono a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera. Complessivamente il 18,4% (55.609 km2) del territorio nazionale è classificato a pericolosità frane elevata, molto elevata e/o a pericolosità idraulica media. Sono 2 milioni gli abitanti a rischio frane (2,2%) e 7 milioni quelli a rischio alluvioni (11,5%). Ben l’83% delle frane europee si trovano in Italia (fonte Anbi-Ispra). Una situazione grave ed in continua evoluzione che deve necessariamente portare ad un deciso cambio di rotta nella pianificazione del territorio. Occorre abbandonare la logica dei cd. “interventi mirati” per potenziare, invece, in una visione d’insieme, le forme di pianificazione territoriale su larga scala.

I relatori al convegno hanno espresso l’auspicio che si punti ad un nuovo grande quadro di interventi di sistemazione dei bacini montani che, ponendo al centro la gestione sostenibile dei boschi e delle foreste, possano garantire la stabilità dei versanti nella fascia collinare e montana e, al contempo, contenere il rischio idraulico in quella basale. I boschi e le foreste, infatti, si comportano alla stregua di vere e proprie “spugne naturali”, capaci di drenare il deflusso delle acque meteoriche e di ridurre notevolmente il fenomeno del ruscellamento verso valle (che è colpevole dell’aumento delle portate dei fiumi in pianura). Certo, la naturale funzione drenante di boschi e foreste montani non può essere considerata, da sola, la soluzione al problema del dissesto idrogeologico, ma rappresenta comunque un valido strumento di aiuto, che necessita di essere coadiuvato da una corretta sistemazione e cura del territorio. Il bosco, inoltre, è capace di ridurre anche l’erosione del terreno. In Europa il 95% dei terreni boschivi non è soggetto ad erosione a differenza, ad esempio, di quelli dedicati alla coltivazione, che risultano molto più difficili da gestire.

I dati della riforestazione in Italia

In Italia la riforestazione ha visto un notevole incremento dal 1950 in poi: in circa 70 anni, siamo passati da 4 a 11 milioni di ettari coperti da boschi, che si estendono, soprattutto, nei territori montani e collinari, apportando un sensibile aumento della biodiversità. D’altra parte, nell’ultimo cinquantennio, si è registrato anche un progressivo e costante abbandono della montagna: i boschi non sono più stati curati con regolarità ed i versanti non sono più stati soggetti ad interventi di regimazione della rete scolante superficiale. In altre parole, è venuta a mancare la necessaria cura e gestione di vaste aree montane, che hanno perso la loro centralità nel quadro della pianificazione territoriale. In un simile contesto, gli eventi atmosferici degli ultimi anni “consigliano”, nuovamente, di portare la montagna al centro delle politiche ambientali e di gestione del territorio, anche per tutelare la sicurezza idraulica nelle zone vallive e di pianura.

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ultima modifica 2023-12-14T16:34:09+02:00
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