Introduzione
La frutticoltura dell’Emilia-Romagna versa in una situazione di crisi che ha portato ad un crollo produttivo vicino al 50% dal 2012 ad oggi e ad una drastica diminuzione delle superfici dal 2000 in particolare a carico di pero (-8.179 ettari), pesco (-5.526 ettari) e nettarine (-5.499 ettari), mentre il valore produttivo del comparto si è dimezzato in soli 7 anni (da 320 milioni nel 2017 a 116 milioni di oggi).
Sono questi alcuni dei dati principali emersi al convegno “La Fruit Valley guarda avanti”, organizzato dall’Accademia nazionale di Agricoltura presso lo stabilimento della Coop Agrintesa a Bagnacavallo nelle scorse settimane, dal quale è emersa in particolare la necessità di puntare su ricerca varietale, biotecnologie e innovazione quali antidoti fondamentali contro l’abbandono produttivo e gli effetti del cambiamento climatico, fornendo nel contempo aiuti concreti e supporti finanziari a sostegno delle imprese che combattono ogni giorno con il rincaro delle spese e con la difficoltà di accesso al credito.
Il progetto “Frutteti protetti”
Proprio con l’obiettivo di ripristinare il potenziale produttivo e la redditività delle imprese, la regione Emilia-Romagna è impegnata da mesi in numerose attività di rilancio nell’ambito del progetto “Frutteti protetti” che ha già messo in campo risorse per circa 70 milioni di euro per il biennio 2024/25 tramite l’emanazione di bandi specifici. L’ultimo in ordine di tempo è il bando dello Sviluppo rurale 23-27 che finanzia con 23 milioni di euro impianti per la difesa attiva dei frutteti al quale è ancora possibile aderire fino al 28 febbraio 2025.
Il crollo della pericoltura
Come risulta dal calo delle superfici la coltura maggiormente in sofferenza è oggi quella della pera, un tempo eccellenza mondiale. “Dal 2019 la pericoltura ha registrato un vero disastro produttivo passando da 500mila tonnellate annue, alle attuali 100mila – ha riferito Elisa Macchi, del Centro servizi ortofrutticoli (Cso) -. Questo è successo perché, purtroppo, le pere sono i frutti che maggiormente subiscono gli stress del cambiamento climatico, soprattutto la tipologia Abate, e di fitofagi come la cimice asiatica che è stata devastante, a fronte di una scarsa resa varietale. Tale situazione ha portato, dunque, a un drastico calo della superficie, dai 20mila ettari del 2014 agli 11mila del 2024. La provincia che ha subito maggiormente questi problemi è stata Ferrara, che era la prima produttrice a livello europeo, con adesso solo 4mila ettari coltivati a fronte degli 8mila pre 2019. Infine, la ridotta offerta interna, vede una perdita di quote sui mercati esteri e l’export è sceso da una media di 150mila tonnellate a poco oltre le 20mila tonnellate nella campagna 2023/2024. Nel 2023/24 da Belgio e Olanda sono arrivate quasi 57mila tonnellate (40% del totale) e dalla Spagna oltre 42mila tonnellate (circa il 30% del totale). Valori mai visti prima”.
Colture frutticole in crescita
Persa totalmente la leadership nella produzione internazionale di pere, l’Emilia-Romagna ha tuttavia sviluppato altre colture, come melo, kiwi e susino le quali, nonostante le difficolta date dalla variabilità di prezzi e l’insicurezza del mercato internazionale, hanno ottenuto nuove quote di mercato.
“La superficie produttiva del kiwi è oggi di 4mila ettari, quasi 900 di tipologia gialla, produciamo il 18% del kiwi italiano e rispetto a 10 anni fa le superfici sono cresciute del 6% ha detto Guido Caselli della Camera di Commercio Emilia-Romagna -. L’export di kiwi regionale, nel 2023, è stato di 251 milioni di euro per un valore del 4% del fatturato nazionale e del 41% dell’export complessivo. In regione 5 grandi imprese realizzano il 60% della produzione regionale mentre il resto è suddiviso in produttori più piccoli. Da sempre la Nuova Zelanda è il primo produttore al mondo, ma l’Italia è al secondo posto, col 16% del mercato mondiale. Il primo nostro importatore è la Cina, seguita da Germania e Spagna. Nonostante il problema dell’asfissia radicale la produzione regionale ha retto bene”.
La situazione è buona anche per le mele “con 5mila ettari coltivati e una tendenza alla crescita grazie ad un’innovazione varietale molto buona, mentre il pesco è in calo con 7.400 ettari, la metà di 10 anni fa, con -6% di pesche e -2% di nettarine, ma il peso dell’Emilia-Romagna nella produzione di pesche italiane rimane buono (18% pesche e 36% nettarine) – ha proseguito Elisa Macchi-. Infine, cresce il susino con l’Emilia-Romagna al primo posto in Italia, con 3.800 ettari e il 5% dell’offerta complessiva, essendo l’Italia produttrice per il 10% a livello europeo, dopo la Romania e a pari merito con Spagna e Francia”.
Ultimo aggiornamento: 05-12-2024, 10:46
Foto di Fabrizio Dell'Aquila