Ruralbania, progetto per dare futuro ai giovani nelle zone marginali
Attorno a Reggio Emilia la nebbia sembra quasi proteggere la terra appena smossa in vista dell’inverno. La campagna è immobile, salvo qualche raro trattore con il suo erpice. Brunilda osserva, dal finestrino dell’autobus: “Non sono proprio abituata, da noi è diverso, le montagne sono alte, i campi frammentati. È la prima volta che vengo in Italia”.
Brunilda ha poco meno di trent’anni. Fa parte di ADAD , organizzazione albanese di cui sono soci centinaia di contadini. È in Emilia-Romagna da una settimana assieme a colleghi di altre organizzazioni e associazioni che si occupano di sviluppo rurale e ai rappresentanti degli enti locali e nazionali che in Albania sostengono il mondo agricolo.
Pukë, Kukës, Dibër sono questi alcuni dei centri rurali del nord dell'Albania cuore del progetto RuralAlbania . È nel contesto di questo progetto - finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo - che sta avvenendo la visita. Ne è capofila la organizzazione non governativa reggiana Volontari nel Mondo RTM e vi collaborano anche la Regione Emilia Romagna e CIA-Agricoltori Italiani oltre a numerose realtà albanesi.
“Lo scopo di questa settimana di visita è capire come funzionano i cosiddetti CAA-Centri di Assistenza Agricola della CIA - che con i suoi 40.000 soci è tra le principali organizzazioni del mondo agricolo in Italia - e visitare alcune significative aziende agricole del nostro territorio”, racconta Francesco Gradari, responsabile per l’area Balcani di RTM. “Il progetto è stato avviato a settembre. Scottati dal periodo del Covid siamo partiti subito con una serie di visite in Italia e Albania. Per noi lo scambio e la creazione e rafforzamento di relazioni tra territori sono fondamentali”, spiega.
Ieri Brunilda e i suoi colleghi albanesi hanno incontrato a Reggio Emilia, Pasquale Plicato, responsabile CAA nazionale e Giovanni Allasia, responsabile CAA Piemonte. “Abbiamo spiegato loro come assistiamo i nostri soci agricoltori in tutte le pratiche in particolare legate alla Politica agricola comune - spiega Giovanni - ho voluto portare anche l’esperienza dei nostri agricoltori di montagna, la cui situazione più si avvicina a quella dei contadini del nord dell’Albania”.
“Non esportiamo modelli, ma crediamo nell’importanza del condividere buone pratiche” spiega Alberto Sartori, friulano che da più di 4 anni segue per contro di RTM progetti di sviluppo rurale in Albania.
Hafuz Domi e Sabah Djaloshi, rispettivamente presidenti di ADAD e Agropuka , le due organizzazioni di agricoltori che prendono parte al progetto, sottolineano l’aspetto cruciale di essere vicini ai contadini, di avere la loro fiducia e così di essere un fondamentale interlocutore con i territori. Merita Deda, del ministero dell’Agricoltura, ricorda dal canto suo l’apertura di uffici regionali proprio per andare in questa direzione mentre Evelina Azizaj, che coordina il network ANRD - che vede coinvolte la gran parte delle organizzazioni della società civile albanese che si occupano di sviluppo rurale sostenibile - sottolinea come il sistema di sostegno allo sviluppo dell'agricoltura non può prescindere da uno sguardo di insieme sul mondo rurale.
La storia di Brunilda le dà ragione. Originaria di Dibër, nel nord-est dell’Albania, dopo studi in geografia a Tirana si è trovata davanti alla scelta se tornare nella sua regione d'origine oppure restare nella capitale. “Durante gli studi non avevo dubbi, volevo rimanere a Tirana. Poi vedevo le mie amiche laureate che non trovavano altri lavori se non fare le commesse. Non era quello che volevo. Sono rientrata, per un lavoro in comune e investendo in un percorso assieme ad altri giovani per diventare guide locali”. E proprio questi giovani - concentrati sulla valorizzazioni dei loro territori in chiave turistica - sono divenuti dei veri e propri animatori di comunità ed ora sono coinvolti nel progetto RuralAlbania. Saranno loro, quotidianamente, l’anello di contatto tra le organizzazioni di categoria e i singoli contadini. “Il mio sogno tra 5 anni?”, racconta Brunilda “riuscire ad essere un game changer, contribuire a cambiare radicalmente le cose”.
Un entusiasmo ambizioso in una realtà che resta difficile. Sono ancora molti i giovani del nord dell’Albania costretti ad emigrare e il fenomeno si è addirittura acuito negli ultimi anni. “Del resto” spiega Evelina Azizaj della rete ANRD “in alcune realtà rurali, in particolare in montagna, mancano del tutto i servizi di base”. Racconta di aver incontrato recentemente alcune famiglie, obbligate a mandare i propri figli in collegio, a 6 anni, affinché potessero frequentare le scuole elementari. “Mi dicevano che l'istruzione è fondamentale. Anch’io ho due bambini piccoli, ma perché un diritto cruciale, come quello all’istruzione, deve implicare una separazione così drammatica? È così doloroso…”.