Sintomi

La malattia presenta una sintomatologia caratteristica che la rende facilmente distinguibile dalle altre affezioni della soia.
I primi sintomi compaiono quando le piante entrano in fase riproduttiva e consistono in lesioni superficiali di colore rossastro, localizzate in corrispondenza delle cicatrici del picciolo fogliare. Le lesioni si costituiscono prevalentemente alla base della pianta e non superano mai i primi 7-8 nodi.

Progressivamente le zone cancerose si approfondiscono nel tessuto corticale e si espandono raggiungendo la lunghezza anche di 8-10 cm. C'è sempre una netta separazione tra la parte malata e le porzioni sane del fusto, poste sia sopra che sotto la zona cancerosa, che conservano a lungo la colorazione verde.
Con il passare del tempo l'area cancerosa si estende all'intera circonferenza dello stelo, compromettendo il trasporto di acqua e linfa e di conseguenza la pianta dissecca. I baccelli, già formati, avvizziscono prima di giungere a maturazione.

Agente responsabile

L'agente del cancro dello stelo è il fungo Ascomicete Diaporthe phaseolorum var. caulivora (forma imperfetta: Phomopsis phaseoli f.sp. caulivora). Quando la pianta è oramai disseccata e nettamente distinguibile in campo dalle piante sane, sul fusto imbrunito si notano le fruttificazioni gamiche del fungo (periteci) che appaiono come piccoli corpiccioli neri muniti di una lunga appendice conica, disposti generalmente in piccoli gruppi. All'interno dei periteci si differenziano numerosi aschi contenenti ciascuno 8 ascospore ellittiche.
La forma imperfetta è molto rara.

Epidemiologia

Nelle zone in cui la malattia non è presente, le infezioni sono generalmente conseguenti all'introduzione di semente di soia infetta. Nelle aree non più indenni, i residui colturali rimasti in campo durante i mesi invernali conservano il fungo da un anno all'altro. Quando le condizioni climatiche tornano ad essere favorevoli (temperature ottimali comprese tra 20-22 °C) dai periteci maturi di D. phaseolorum var. sojae si liberano le ascospore che vengono trasportate dalla pioggia o dal vento sulle piante sane di soia, originando nuove infezioni

Sembra che l'ingresso del patogeno nell'ospite avvenga a livello delle foglie basali e non attraverso ferite dello stelo: si è visto infatti che rimuovendo sperimentalmente le prime sei foglie si evita la malattia. Le alte temperature e l'umidità elevata, in forma di rugiada, nebbia o pioggia, favoriscono gli attacchi di cancro dello stelo. Sono più esposti gli impianti fitti, nei quali le piante allettate o molto vicine le une alle altre creano un microclima caldo-umido che avvantaggia il patogeno.