Oidio del melo
L’oidio del melo è una malattia comune in tutte le aree frutticole del mondo e può colpire melo, anche cotogno, e il pero, anche se quest’ultimo in misura di gran lunga inferiore. La malattia è in grado di causare danni economici in quanto riduce la vigoria delle piante, la produzione di gemme a fiore e la qualità dei frutti. Inoltre, esiste una notevole differenza tra le varietà di melo ad essere infettate. Altamente sensibili sono Granny Smith, Golden Delicious, Stayman Winesap Braeburn e Jonathan, fino alle nuove varietà, Fuji e Gala, mentre Braeburn e Delicious, sono considerate più tolleranti.
Agente causale dell’oidio del melo è il fungo ascomicete della famiglia delle Erysiphaceae, Podosphaera leucotricha (Ellis & Everh.) Salm. (forma sessuata) e del suo anamorfo Oidium farinosum. E’ un parassita obbligato, ovvero non può sopravvivere senza la pianta ospite.
Sintomi
La malattia è in grado di colpire fiori, foglie e frutti. Le gemme a fiore infette assumono un aspetto bianco-argenteo e solitamente ritardano la schiusura di diversi giorni rispetto a quelle sane. I petali possono presentarsi distorti e con una colorazione verde pallido. I fiori possono presentarsi accartocciati e non producono frutti.
I germogli infetti assumono un aspetto grigio argentato e risultano stentati nella crescita fino a necrotizzare e defoliarsi precocemente. Nelle settimane successive, con l’avanzare della stagione vegetativa le infezioni primarie sui getti producono ingenti quantità di conidi, organi di diffusione asessuata del fungo, in grado di causare infezioni secondarie sugli altri organi della pianta. Le piante gravemente colpite si indeboliscono progressivamente venendo sempre più interessate dalle infezioni secondarie. Verso l’estate il micelio assume un colore brunastro quando sulla superfice degli organi infetti si formano i corpi fruttiferi (casmosteci) del fungo Le colonie fungine composte da micelio e spore possiedono il tipico aspetto polverulento e biancastro.
Foto 1 - Germogli colpiti da oidio
I sintomi delle infezioni secondarie compaiono dapprima sulla lamina inferiore della foglia, mentre sulla lamina superiore si rende visibile come piccole macchie clorotiche.
Foto 2 - Infezione secondaria di oidio su foglia di melo
Le infezioni localizzate ai margini fogliari inducono le foglie ad arricciarsi ed accartocciarsi o piegarsi a doccia lungo la nervatura centrale. Con il progredire della malattia i tessuti colpiti sviluppano il tipico feltro miceliare bianco polverulento.
I frutti colpiti possono risultare deformati o di dimensione ridotte.
Biologia ed epidemiologia
Podosphaera leucotricha trascorre i mesi invernali come micelio entro le gemme o come caasmotecio sugli organi vegetali infetti dell’anno precedente. Il micelio svernante, nei nostri areali, dà origine alle infezioni primarie, i cui sintomi compaiono sui nuovi germogli in procinto di schiudersi. In corrispondenza degli organi infetti, si producono i conidi, organi di riproduzione asessuata di Oidium farinosum, che vengono trasportati dalle correnti d’aria. Nei mesi primaverili estivi, si registrano numerose infezioni secondarie provocate dai conidi. La formazione e germinazione dei conidi avviene con temperature tra 10°C e 25°C e umidità relativa superiore al 70%. Al di sopra dei 33°C i conidi si devitalizzano. Il periodo di incubazione varia da 5 a 10 giorni in funzione della temperatura. Come tutti gli oidi, la pioggia rappresenta un ostacolo alla malattia in quanto i conidi perdono la loro capacità germinativa nell’ambiente acquoso. Le foglie appena formate sono quelle maggiormente suscettibili. I conidi germinando producono delle strutture, chiamate appressori, in grado di rilasciare degli enzimi che permettono al fungo di penetrare le pareti cellulari vegetali per formare gli austori, organi del fungo in grado di ancorarlo alla superficie vegetale e di assorbire nutrienti dalla pianta. Più cicli infettivi secondari portano la colonia del fungo ad accrescersi e ad infettare nuovi tessuti vegetali sani. La colonizzazione delle gemme laterali ed apicali della pianta permetterà al fungo di svernare agevolmente per riprendere la sua attività nella primavera successiva. In estate, P. leucotricha produce anche spore sessuate (ascospore) all’interno di strutture sacciformi dette aschi, all’interno dei corpi fruttiferi chiamati casmoteci. Ogni casmotecio contiene un singolo asco con otto ascospore, ognuna delle quali è di forma ellittica e di dimensioni 22-36 x 12-15 µm. Le spore sessuate, tuttavia, sono raramente vitali e non sembrano contribuire attivamente alla progressione della malattia.
Difesa
Per abbassare il potenziale di inoculo, è buona norma attenersi a corrette pratiche agronomiche come:
- limitare la concimazione azotata
- la rimozione in primavera ed estate dei getti colpiti
- l’eliminazione delle gemme oidiate durante la potatura invernale.
La scelta del fungicida più idoneo è spesso condizionata dalla necessità, in talune fasi fenologiche, di controllare contemporaneamente la ticchiolatura. In questi casi è bene rivolgersi a principi attivi dotati di efficacia nei confronti di entrambe la avversità fungine, quali per esempio gli IBE o QoI o SDHI. Il controllo della malattia, sulle varietà più sensibili e nelle aree maggiormente a rischio, dovrebbe cominciare fin dalla prefioritura, trattando con fungicidi specifici come Zolfo, gli IBE, le strobilurine, il bupirimate e proseguita fino al termine della crescita dei germogli. Nelle aree a basso rischio, spesso è sufficiente trattare aspettando la comparsa dei primi sintomi. In frutticoltura biologica, buoni risultati possono essere ottenuti impiegando sempre zolfo, bicarbonato di potassio e olio essenziale di arancio dolce. E’ altresì possibile applicare Laminarina come stimolatore delle difese naturali della pianta, sia nei confronti di odio come di ticchiolatura.
Per la gestione della difesa nella Regione Emilia-Romagna si rimanda alle "Norme tecniche di coltura" contenute nei Disciplinari di Produzione integrata vegetale e ai Bollettini di produzione integrata e biologica.